Chegue è bagnato, disperato, arrabbiato:
<<Dio quanto piove! Pur di non farmi stare al computer, quei due folli mi fanno lavorare sotto l’acqua! Che estate di merda, che estate di merda! Che poi che faccio di male? Gioco a Shadow’s War, come tutto il resto del mondo. Mia madre questa cosa qui non la può proprio capire, sono troppo lontano da lei.
Lei
è una guerriera?
No,
io sono un guerriero e questa vita mi fa schifo. Il vecchio mi
costringe a lavorare, vuole che io faccia una vita uguale alla sua:
caffè e partito. Che poi, che democrazia è il Partito? Cambia il
nome, cambiano le facce in TV; ci illudiamo di eleggere ma poi
vincono sempre Loro. Loro chi? Dice Low Snow. Non lo sa nessuno. La
democrazia della mediocrità.>>
L’acqua
aumentava, non dava tregua. Chegue si chiese se piovesse anche sopra
il ponte, nella Città dei Superi, o se lassù fosse stato eliminato
anche questo inconveniente. Ricordava che, quando era bambino, la
città aveva un assetto completamente diverso: non c’erano ponti di
vetro che inneggiavano alla Trasparenza.
Trasparenza?
Una volta aveva visto un film di infima categoria sull’argomento, il
concetto però non era malvagio: trasparenza come sinonimo di
controllo.
<<
Io sono un guerriero, su Shadow’s War e nella vita! Mi ha accusato di
razzismo mio padre, solo perché ho tirato un pugno a un negro; il
fatto che avesse le mani sul culo della mia compiacente sorella non
ha sconvolto i miei, assurdo. Secondo me gli brucia la mia militanza,
non il mio debito scolastico.>>.
Chegue
lavorava con rabbia e si chiedeva perché gli adulti che lo
circondavano fossero così stupidamente distruttivi: lo consideravano
un bambino nonostante lui avesse già avuto le sue prime esperienze,
lo consideravano un fallito perché non aveva la media del dieci.
Lui, figlio di una professoressa in carriera, si era permesso di
avere il debito d’italiano!
Nessuno
si era posto il problema del perché i suoi temi fossero stringati;
gli avevano detto che non sapeva scrivere, che avrebbe dovuto crearsi
delle mappe concettuali ma la verità pura e semplice non l’avevano
capita: non aveva nulla da dire a quella professoressa! Non che fosse
cattiva, era pure carina ma, Chegue questo non poteva proprio
accettarlo, era imbelle. Come tutta la sua categoria. I professori si
sentivano fortunati perché il Governo pagava loro la casa, i libri,
la divisa. Lo stipendio invece serviva per cibo e bollette; i più
furbi, come la mamma di Malù, avevano un doppio lavoro. E infatti
Malù aveva abiti firmati e se la tirava da artista: Chegue lo odiava
e il colore della pelle non c’entrava proprio nulla.
<<
Io voglio combattere e voglio ribaltare questo Paese che mi opprime,
che si sta spegnendo! E dire che mio padre mi ha infarcito la testa
di Avengers ma ora si lamenta! Voglio lo Stato Sociale, lo ammetto!
Altro che uguaglianza, comunismo e cristianesimo. Voglio lo Stato
Sociale e basta. Ma questo i miei, che mi hanno chiamato addiritture
Chegue, non lo possono accettare. Voglio un leader che si veda, un
esercito in cui arruolarmi, una terra al sole da coltivare, una donna
bella ed obbediente. Il resto è merda! Io sono un guerriero, un
figlio del Sole.>>
<<Chegue!
Muoviti che ci stiamo scolando, dai; passami quei cartoni!>>.
<<Dove
li portiamo?>>.
<<Lì,
in magazzino; dai veloce che tu te ne vai a casa! Troppi tuoni,
troppi lampi. E quel ponte è sempre più usurato. Sai, mia moglie
non lo vuole mai percorrere, le dà ansia! Va’ a casa, non sia mai
che abbia ragione!>>.
<<Il
ponte è orribile!>> pensa Chegue << Mi chiedo come si
possa concepire un’opera del genere! C’è tanta ingiustizia su quel
ponte: sopra chi produce, sotto chi non ha nulla; ovviamente noi
siamo quelli che stanno di sotto!
Forse
non siamo proprio gli ultimi perché, sotto di noi, c’è il ghetto:
una città sotterranea, priva di luce solare, in cui l’odore di panni
umidi si mischia a quello del vomito dei tossici.>>
Un
lampo illumina di mille colori il ponte di vetro che diventa
bellissimo, la luce lo percorre come un’onda danzante e lui lo
guarda. Poi è di nuovo rabbia: quel ponte va distrutto. Perché lì
sotto e nella città sotterranea si sta troppo male.
<<La
città sotterranea…ci accompagno ogni tanto Rob che spaccia
Fentanyl e MDMA.
Vuole
che lo copra, dice che lì ci vive gente poco raccomandabile. Quando
gli faccio notare che lo spacciatore è lui, Rob mi rimprovera>>.
<<E’
il MILP che mi ha offerto questo lavoro, sono in regola e anche loro
sono in regola! Lo spaccio è cosa antica, se ci fosse stato il
Governo Trasparente qualche anno fa, mio padre non sarebbe morto in
carcere ma sarebbe stato considerato un imprenditore.>>
<<Ti
sei mai chiesto, Rob, perché questo traffico sia legale solo nel
ghetto sotterraneo?>>
<<Così
dice la legge e io ci guadagno: non mi pongo domande, c’è chi pensa
per me e, quando avrò tanti soldi, andrò a vivere sopra il ponte in
una casa esposta a sud est, ho bisogno di sole.>>
Chegue
si chiede che cosa lo renda amico di Rob, a parte le grandi fighe che
rimorchia ogni sabato sera. Eppure, nonostante il fatto che lo
ritenga un cretino borioso, spesso si ritrova ad accompagnarlo nella
sua singolare attività.
Guarda
il ponte, vorrebbe che cadesse, quel mondo precluso ai più, in mille
frantumi. Una volta è andato in gita con la scuola nella Città dei
Superi, è un posto incredibile e pieno di fontane colorate; le case
sono in vetro e, sopra il tetto, hanno giardini ricchi di frutteti.
Arrivare lassù è l’obiettivo di chiunque:
<<…
anche di mia madre che, da quando il MILP ha bandito il concorso per
dirigenti, non fa altro che studiare.
Le
dico di lasciar perdere ma lei ritiene che con lo studio si possa
conseguire qualsiasi risultato. Lei e mio padre sono convinti, come
tanti della loro generazione, di vivere in una democrazia ma non è
così.
In
effetti, rispetto a quando ero piccolo, in apparenza non è cambiato
nulla, a parte la città, ma la sostanza è profondamente diversa:
quello che io chiamo Stato è poco più che un distretto; lo ha detto
Jam ‘u Tuz, lo you tuber che seguo>>.
Più
che un ponte quello che prima o poi cadrà pare un tempio: ordina e
dispone.
Ennio
entra nel magazzino, io scendo verso il negozio di Sergio, forse ha
bisogno di un aiuto.
Entra.
Da
quando ha litigato con i suoi, quella per lui è una seconda casa.
Sergio non è un semplice rigattiere: recupera mobili in disuso e, a
suo modo, li restaura. A suo modo è un artista incapace di
dimenticare il mondo in cui è nato: l’Argentina.
Così
carteggia, dipinge e lucida seguendo le venature del legno. I mobili
riacquistano vita, Chegue lo aiuta, gli cura il sito e impara
qualche lavoro utile. I suoi non lo sanno perché Sergio è
addirittura peronista mentre i suoi sono di Sinistra. Anche se suo
padre si finge inglobato nel Partito, non riesce ad abdicare dalle
sue posizioni.
<<La
Sinistra, a casa mia, è come la Chiesa: può aver fatto qualsiasi
cosa che viene percepita come sacra. In effetti, ultimamente, è
addirittura ieratica e la vedo dissolversi in un mosaico privo di
dimensioni.
Wow!
Che parolone. Con i miei non mi escono, non se lo immaginano neppure
che mi piacerebbe fare il critico d’arte: intelligente e maleducato
perché me lo potrei permettere data la mediocrità del mondo.
La
mediocrità: il vero danno della democrazia è stata la mediocrità.
Rob ha ragione: non bisogna permettere a tutti di pensare, certa
gente non è in grado di pensare ma è solo capace di eseguire.
Per
questo ho scelto I figli del Sole!>>
<<Buongiorno
mio giovane camerata!>>
<<Buongiorno
Sergio!>>
<<Che
ne dici di un caffè caldo?>>
<<Mi
ci vuole.>>
<<Allora,
sei sempre in punizione?>>
<<Dai,
non prendermi in giro! Sono l’unico sfigato che lavora in una
giornata simile. Senti, ti aiuto a tirare dentro i mobili.>>
<<Già,
da solo sarebbe stato impossibile. Ti sei riappacificato con tuo
padre?>>.
<<Mio
padre è uno di quelli con la verità in pugno: si può discutere con
uno così? Qualsiasi cosa io dica è sbagliata.>>
<<E
tua madre?>>.
<<Mia
madre studia, si è convinta di poter superare il concorso.>>
<<Be’,
la prima parte l’ha passata.>>
<<Se
è per questo l’ha passata anche Greta!>>
<<La
madre del negro?>>
<<Sì.
E’ chiaro per me: si tratta di una finta per illuderli della
possibilità di avanzare nella scala sociale ma non sarà così.>>
<<Cosa
te lo fa pensare?>>
<<Il cervello>>.
Rosa J.Pintus