IN VELVA LITTERAE: AI MARGINI

Velva è un paese nell’entroterra ligure della Val Petronio, qui avrà luogo la terza edizione del festival letterario In Velva Litterae.

L’Associazione culturale LibriDa quest’anno ha ritenuto opportuno dedicare il festival a coloro che vivono, per qualsiasi motivo, ai margini della società: poveri, omosessuali, donne, persone affette da dipendenze e…artisti.

Leggi tutto

La notte del ministro spezzato: il ricatto dello spread

L’eutanasia in atto della democrazia italiana

La notte del ministro spezzato (d’obbligo il riferimento al film La notte delle matite spezzate di Hector Olivera) è avvenuta nell’indifferenza e nella giustificazione di certa stampa della mia ex sinistra.

Conte non inizia neppure a fare il Presidente del Consiglio, il suo governo non sta bene all’Europa.

Di quale Europa parliamo? Di quella democratica o di quella finanziaria?

Leggi tutto

Bambino fuggito dall’Acquario è in autobus a Pra: scatta la solidarietà del CEP.

L’autobus è fermo e i carabinieri sono dentro: un bambino è fuggito dall’acquario e si è ritrovato in autobus a Pra.

Cosa è accaduto?

Sole e vento rendono il pomeriggio particolarmente piacevole, si ha voglia di immergersi nella brezza di un maggio piuttosto capriccioso, di uscire e di non pensare a nulla; che importa che un bimbo sui dieci anni si sia perso? Meglio continuare il viaggio e far finta di nulla.

Jpeg

Alcuni ragazzini però si accorgono di quel bambino un po’ troppo cresciuto per girare con una trombetta tra le mani e cominciano a porsi qualche domanda.

Il bambino non parla. Forse non è italiano? Le ragazzine del gruppo avvertono l’autista che chiama i carabinieri.

Il capitano sale e verifica la situazione: il volto del bambino coincide con quello del ragazzino che è fuggito dall’Acquario.

La pattuglia blocca il mezzo e decide di attendere i genitori: il bambino non parla e non vuol essere toccato; alcuni passeggeri si lamentano: pretendono che le forze dell’ordine si portino dietro il bambino.

Qualcuno dice che è domenica e che gli autobus passano ogni sedici minuti; in effetti muoversi dal Ponente genovese nel week end è cosa complessa, pare quasi che  la Giunta non sia toccata dal problema: che la periferia resti lì senza pretendere troppo!

Del resto, da queste parti, ci sono le Lavatrici e il CEP!

E qui sta il punto! I ragazzini e le ragazzine che hanno soccorso questo bambino sono del CEP e sono di una fascia d’età compresa tra i 13 e i 17 anni; non vanno bene a scuola, alcuni di loro sono stati bocciati più volte e in classe non riescono a seguire.

Di loro si parla come di casi persi, di lost, nel migliore dei casi di perditempo. Li conosco molto bene ma non scrivo i loro nomi perché sono tutti minori e molti sono stati miei alunni.

Oggi mi sono sentita molto orgogliosa di loro perché hanno dimostrato conoscenze e competenze di cittadinanza non comuni: chi lo ha tranquillizzato, chi lo ha coccolato, chi lo ha ripulito con un fazzoletto dal gelato che gli era stato offerto

.

Sono rimasti lì, non se ne sono andati perché sanno riconoscere le cose importanti.

Le giovani generazioni non sono dunque prive di speranza, non ci solo solo terribili allievi che bullizzano i professori ma cuori segreti che, pur con il loro bagaglio di sofferenza, sono in grado di aiutare chi è in difficoltà.

Ragazzi, continuate così!

Rosa Johanna Pintus

 

Il profumo inebriante della libertà: la Resistenza è una scelta

Tema del romanzo “Il profumo inebriante della libertà” è la scelta. Giampiero Villavecchia, autore dell’opera, definisce scelta la possibilità dell’uomo di determinare la propria vita, anche quando il contesto storico presenta possibilità più semplici; sceglie Aldo Gastaldi e diventa Bisagno, sceglie Lidia, sceglie Alfredo. Quest’ultimo, all’inizio, è partigiano quasi per caso e diviene consapevole della sua scelta solo alla morte dell’amico Riccardo.

La scelta di questi personaggi, in una Genova in cui si consumano gli ultimi atti della guerra civile tra repubblichini e partigiani, determinerà la scelta futura di Attilio, bambino che subisce il secondo conflitto mondiale. Attilio non può scegliere, può soltanto sognare e crearsi una realtà altra che gli verrà stracciata davanti agli occhi dai cosiddetti partigiani del 25 aprile, quelli che si riversarono sulle strade in una macabra danza bacchica:

Un uomo salta giù dal camion e dà indicazioni. Lidia viene fatta sedere. Alfredo si avvicina:<<Chi sei, compagno?>>

<<Chi vuoi che sia? Sono un partigiano.>>

<<Non ti ho mai visto, né te nè i tuoi uomini.>>

<<Non pretenderai di conoscere tutti quelli che hanno fatto resistenza a Genova.>>

<<Che ha fatto quella donna?>>

<<Se la spassava con un ufficiale tedesco.>>

<<Cosa avete intenzione di farle?>>

<<Niente, per un po’ sarà vista da tutti coi capelli rasati, ma prima la portiamo a fare un bel giro sul camion…ah ah…>>

Prima di essere agguantata Lidia fa un balzo dalla sedia, attraversa la folla che circonda il camion e corre disperatamente. Il capo della banda estrae la pistola e spara due colpi. Lidia porta un attimo le braccia al cielo poi cade a terra, immobile.

Così, da lontano, senza capelli, in quella posizione assurda, sembra una bambola rotta gettata sul lastricato.

Alfredo è pietrificato.

<<Nooo!>>

E’ l’urlo disperato di Attilio che corre. Corre da Lidia. La raggiunge e fa in tempo a vedere per l’ultima volta quel viso che non scorderà mai.

Il profumo inebriante della libertà, Giampiero Villavecchia

Sono quelli i partigiani? Perché Alfredo non li conosce? Alfredo può scegliere di salvare la sua ex fidanzata, Attilio non può scegliere invece, perché è un bambino, nonostante ami Lidia.

Ma vede e determina il colpevole. La sua vita dunque è destinata a svilupparsi nel futuro postbellico, in particolare la sua scelta sarà determinante durante gli anni di piombo.

Questo interessarsi ad Alfredo lo fa stare meglio. Attilio se ne domanda il perché ma la risposta è abbastanza semplice. Ha capito perfettamente che non potrà mai attuare il suo proposito di vendetta: Attilio non potrebbe mai uccidere.

Ma colpire sì. Colpire qualunque punto marcio scoprisse di quell’uomo.

Il profumo inebriante della libertà, Giampiero Villavecchia

Il romanzo però non si esaurisce nella concatenazione di vicende politiche anzi, perno della narrazione è la storia d’amore tra Marco, figlio di Alfredo, medico schiacciato dal giudizio della madre, e Roberta, sua paziente, figlia di Attilio.

Una relazione tra persone normali, senza aneliti eroici perché il contesto storico non richiede eroismo ma solo coraggio.

Ci troviamo di nuovo proiettati nel nostro mondo, quello dell’individualismo sfrenato, della carriera a tutti i costi, degli amori fragili e brevi.

I flashback nel passato della Resistenza, le parole di Bisagno, le azioni eroiche e disperate ci fanno cogliere la distanza incolmabile tra un periodo in cui si sognava un’Italia giusta e la degenerazione che invece ha portato al distacco dei giovani dalla politica: non si sogna, ci si rassegna.

Marco e Roberta trovano però, almeno nei sentimenti, il coraggio di non rassegnarsi e l’amore diviene il motore primo di ogni scelta, il desiderio di comprendere e sradicare le proprie paure per andare avanti:

Il sangue e la pistola. La pistola apparteneva a suo padre, non c’era dubbio. E il sangue? Era davvero sangue quello che credeva di ricordare?

Un telo…una pezza di tela…

Lui era nella camera dei suoi genitori. Cosa ci faceva? Cos’era andato a cercare?

Incominciava a ricordare qualcosa.

Il profumo inebriante della libertà, Giampiero Villavecchia

Ecco perché, secondo l’autore, è inebriante la libertà: da un lato stordisce dall’altro obbliga ad agire. Ed è l’azione che guida la storia, quella grande e importante della Resistenza e quella singola, legate alle nostre piccole vite. Così Marco è deciso a scoprire la sua verità, non più  subirla e, per quanto questa possa essere dolorosa, il conoscerla lo renderà libero.

Rosa Johanna Pintus 

 

 

Noi col CEP non abbiamo nulla a che fare!

“Noi col CEP non abbiamo nulla a che fare” oppure “Visto? Era un marocchino!”. Un atteggiamento simile è offensivo e inaccettabile! Dell’eroe però non si parla, e l’eroe era un cepparo! E’ così scomodo ammetterlo? Già, perché nessun altro avrebbe reagito; la gente, in un altro quartiere, avrebbe atteso la polizia o, ancor peggio, sarebbe stata zitta.

Leggi tutto

Follia di fede: Jacopone da Todi e la Pasqua sofferente di Maria

 

Che la fede sia follia mi è chiaro da tempo ma , da tempo, questa mi è necessaria.

Tra le figure che mi hanno formato, la mia attenzione va a Jacopone da Todi.

Il mistico allora mi viene incontro col suo sguardo cupo e sofferente in questa Pasqua del terzo millennio: io indosso la mia felpa bianca e le scarpe ormai dismesse da mio figlio che cresce, lui il saio.

 

Lo immagino vestito alla moda, affascinante e libertino fino al suo tragico Sessantotto (1268) quando vide la signora Vanna, moglie di Bernardino di Guidone, cadavere a causa del crollo di un pavimento.

Su quel corpo Jacopone trova il cilicio: perché Vanna si autoflagellava? Quali segreti nascondeva? E in che relazione era con Jacopone, celebre legale?

Jacopone non mi risponde, detesta i pettegolezzi ma ammette che da lì qualche cosa successe.

Così lo troviamo a mendicare, proprio come un barbone avido di spiritualità, e dopo dieci anni entra nei frati minori.

Gli domando perché, uno come lui, si trovò a ricevere una scomunica.

Non ama ricordare quel periodo in cui  Celestino V, come ricorda Dante, fece per viltade il gran rifiuto:

Fu un periodo terribile, noi pauperes riponevamo grandi speranze in Celestino V, egli tuttavia non era in grado di reggere l’ostilità di Bonifacio VIII. Quest’ultimo era una bestia avida di potere e priva di scrupoli, in men che non si dica organizzò una spedizione contro la Palestrina dei Colonna.

Resistemmo per un anno e mezzo ma poi fummo costretti a cedere: uomini di Dio contro uomini di Dio: la religione non c’entrava nulla.

Fui condannato al carcere perpetuo e alla scomunica, quest’ultima mi pesava più della prigionia stessa.

Fu Benedetto XI a revocare la mia scomunica, entro qualche anno sarei morto.

Umbro ma diversissimo da Francesco d’Assisi, Jacopone non crede a un rapporto semplice e sereno tra creature e creatore: la strada per la fede è sofferenza, dolore, desiderio di morte.

Arso tra sensazioni estreme e antitetiche, il nostro vive un’esperienza religiosa simile alla follia e non alla saggezza; e forse è proprio la follia religiosa che lo porta verso l’arte poetica più pura.

Ciò lo allontana però dagli ambienti culturali più importanti e, nonostante la solida base culturale, di lui emerge soprattutto il ribelle.

Quel ribelle che ci regala il più dolce e tragico ritratto di Maria davanti alla croce. Jacopone non s’illude, non vede una madonna azzurra e rarefatta anzi, per certi versi, anticipa la pietà di Michelangelo.

Cosa pensò la Madonna durante la passione e la morte di Cristo? Vi lascio dunque, senza parole, a leggere i versi di Jacopone che ci mostrano una madre impotente contro un destino che, forse, non era pronta ad affrontare.

Nunzio-  Donna del paradiso,
lo tuo figliolo è priso,
Jesu Cristo beato.
Accurre, donna, e vide
che la gente l’allide !
credo che ‘llo s’occide,
tanto l’on flagellato.

Madonna- Como esser porrìa
che non fece mai follia,
Cristo, la speme mia,
om’ l’avesse pigliato ?

Nunzio- Madonna, egli è traduto,
Juda sì l’ha venduto
trenta denar n’ha ‘vuto,
fatto n’ha gran mercato.

Madonna-Succurri, Magdalena,
gionta m’è adosso piena !
Cristo figlio se mena,
como m’è annunziato.

Nunzio-Succurri, Donna, aiuta !
ch’al tuo figlio se sputa
e la gente lo muta,
hanlo dato a Pilato.

Madonna- O Pilato, non fare
lo figlio mio tormentare,
ch’io te posso mostrare
como a torto è accusato.

Popolo- Crucifige, crucifige !
Omo che se fa rege,
secondo nostra lege,
contradice al senato.

Madonna-Priego che m’entendàti,
nel mio dolor pensàti;
forsa mò ve mutati
de quel ch’avete pensato.

Nunzio-Tragon fuor li ladroni
che sian suoi compagnoni.

Popolo- De spine se coroni !
ché rege s’è chiamato.

Madonna-O figlio, figlio, figlio !
figlio, amoroso giglio,
figlio, chi dà consiglio
al cor mio angustiato ?
Figlio, occhi giocondi,
figlio, co’ non respondi ?

figlio, perché t’ascondi
dal petto o’ se’ lattato ?

Nunzio-Madonna, ecco la cruce,
che la gente l’aduce,
ove la vera luce
dèi essere levato.

Madonna-O croce, que farai ?
el figlio mio torrai ?
e che ce aponerai
ché non ha en sé peccato ?

Nunzio-Succurri, piena de doglia,
ché ‘l tuo figliol se spoglia;
e la gente par che voglia
che sia en croce chiavato.

Madonna-Se glie tollete ‘l vestire,
lassàtelme vedire
come ‘l crudel ferire
tutto l’ha ‘nsanguinato.

Nunzio-Donna, la man gli è presa
e nella croce è stesa,
con un bollon gli è fesa,
tanto ci l’on ficcato !

L’altra mano se prende,
nella croce se stende,
e lo dolor s’accende,
che più è multiplicato.

Donna, li piè se prenno
e chiavèllanse al lenno,
onne iontura aprenno
tutto l’han desnodato.

Madonna-Ed io comencio el corrotto.
Figliolo, mio deporto,
figlio, chi me t’ha morto,
figlio mio delicato ?
Meglio averìen fatto
che ‘l cor m’avesser tratto,
che, nella croce tratto,
starce descilïato.

Cristo- Mamma, o’ sei venuta ?
mortal me dài feruta,
ché ‘l tuo pianger me stuta,
ché ‘l veggio sì afferrato.

Madonna-Figlio, che m’agio anvito,
figlio, patre e marito,
figlio, chi t’ha ferito ?
figlio, chi t’ha spogliato ?

Cristo-Mamma, perché te lagni ?
voglio che tu remagni,
che serve i miei compagni
ch’al mondo agio acquistato.

Madonna-Figlio, questo non dire,
voglio teco morire,
non me voglio partire,
fin che mò m’esce il fiato.
Ch’una agiam sepultura,
figlio de mamma scura,
trovarse en affrantura
mate e figlio affogato.

Cristo- Mamma col core affetto,
entro a le man te metto
de Joanne, mio eletto;
sia il tuo figlio appellato.

Cristo-Joanne, esta mia mate
tollela en caritate
aggine pietate
ca lo core ha forato.

Madonna-Figlio, l’alma t’è uscita,
figlio de la smarrita,
figlio de la sparita,
figlio attossicato !

Figlio bianco e vermiglio,
figlio senza simiglio
figlio a chi m’appiglio ?
figlio, pur m’hai lassato.

Jacopone da Todi – Rosa Johanna Pintus