Silenzio, si respira silenzio oggi in alcuni paesini della Liguria, ma nessun silenzio è muto.
Guardiamo, cogliamo lembi di paesaggio dalle nostre finestre: spicchi di sole e di pietre che parlano, che si raccontano.
Ci chiediamo che cosa fosse la Liguria in passato, prima della fitta schiera di palazzi che ora occupano le sue colline, prima dell’affollarsi di chioschi sulle spiagge o del mare rubato dal cemento per il dio acciaio, prima dei ponti che furono.
E osservando finalmente la nostra terra ci rendiamo conto di una frastornante verità: la campagna grida.
In effetti nel nostro paesaggio si impongono due linee maestre:il profilo costiero e il profilo montuoso:profili intersecati, abbracciati, stretti, quelli che Nino Durante, scrittore praino, definisce “di verde e d’azzurro”.
E la linea dominante è quella appenninica, non quella costiera benché la costa sia la parte più conosciuta.
Non solo: l’entroterra, visto dall’alto, appare selvaggio, aspro, regredito, talvolta abbandonato.
La fascia costiera risulta solare e splendida alle estremità di Ponente e di Levante, grigia e fortemente urbanizzata nelle zone di Genova e Savona.
Ogni paesaggio, si dice in architettura, ha un proprio genius loci, intriso di storia e di natura, perché storia e natura si compenetrano e divengono una cosa unica.
E qual è il genius loci della Liguria? E’ la riviera mediterranea, quasi come se i potenti monti venissero calamitati dall’esile costa e proiettati sul mare.
Il genius loci della Liguria, pensate, ha affascinato Vidal de la Blache (1845-1918), un geografo francese, fondatore della moderna geografia umana.
Modello mediterraneo è la zona ligure che la terminologia popolare ha distinto col caratteristico nome di riviera:
riviera di Ponente da Genova a Sanremo, riviera di Levante da Genova a La Spezia.
Ma la vera protagonista della Liguria non è la riviera, è la montagna; questa chiude la costa, la avvolge e sui versanti digradanti verso il mare si vede emergere tra piantagioni e boschi d’ulivi il borgo principale, collegato alla spiaggia da sentieri a gradini scalati da asini.
Fernand Braudel, uno dei massimi storici del Novecento francese (1902-1985) ha colto proprio la natura imponente e arcigna della montagna mediterranea.
“Lo spessore della montagna ci presenta un mondo arroccato, irto di baluardi, con le sue rare case sparse e i suoi villaggi, i suoi nord verticali che contrasta col paesaggio urbanizzato che si estende lungo i margini costieri.”
Braudel dunque non percepisce l’abbraccio tra montagna e mare ma il contrasto dato da due elementi opposti, in equilibrio tensivo, costretti a convivere.
Naturalista francese, anche De Saussure (1740-1799) vive l’estremo contrasto tra la straordinaria bellezza della fascia costiera orlata da una successione di campagne e sedi umane armoniche che formano un’unica città mentre la montagna, senza ordine, e direzione si presenta talvolta con aspetto orrido e triste.
In realtà, nonostante la diffidenza del De Saussure, l’Appennino Ligure brulica di storia, una storia che rende evidente il contrasto tra uomo e natura, impossibilitati a vivere in armonia.
Le nostre montagne sono state abbandonate dai giovani già nel 1930: la città offriva salario fisso e orari di lavoro apparentemente meno massacranti del continuo terrazzamento dei terreni, della zappa,delle braccia stanche e della pelle arsa dal freddo e dal sole.
Fausto Figone, storico di Castiglione Chiavarese, sottolinea in E’ tempo di migrare come la crisi della civiltà contadina in Val Petronio porti a una migrazione ben più definitiva di quella verso le Americhe: l’abbandono delle campagne liguri pare irreversibile e i sentieri costruiti dagli uomini di un tempo sono stati invasi dai rovi.
Con il recente lockdown qualcosa è cambiato: le persone, in particolare le famiglie, si sono rese conto del ruolo vitale e importante dei paesini liguri.
E’ il caso di Cristina Torrisi, attualmente presidente della ri-nata Associazione Veleura. Rinata, perché non è mai morta l’Associazione, curata dall’instancabile Giorgio Raggio che ha dato supporto e aiuto per l’organizzazione di festival letterari quali In Velva Litterae.
Cristina, la donna in cui quasi per caso cade il punto di fuga di questa foto, è rimasta bloccata a Velva con marito e figli quando il presidente Conte ha annunciato il lockdown.
“Mio Dio, ho pensato, come faccio?” A Velva non c’è neppure un emporio, l’ultimo ha chiuso alla fine degli anni Ottanta e Cristina ha poco cibo, pochi indumenti per i figli.
“Io che non so cucire mi sono trovata a rammendare, stringere, allargare persino la biancheria intima dei miei figli; Amazon non ci avrebbe portato nulla prima di un mese, era una situazione del tutto eccezionale; eppure ho scoperto che qui, il Mercoledì, arriva il camion della spesa e pian piano, ma con entusiasmo crescente, ci siamo resi conto di come qui si stesse decisamente meglio. Io venivo qui in vacanza da bambina, mio marito è originario di questo comune…abbiamo fatto il passo e abbiamo preso la residenza qui.”
Adesso Cristina sta coordinando con determinazione la cura del territorio, il ripristino dei sentieri, ed è la voce più decisa nella piccola agorà del paese.
“Abbiamo intenzione di creare percorsi bike e riprendere i festival letterari ma la prima esigenza è salvare il patrimonio di un territorio così ricco, complesso e abbandonato. I vecchi ci stanno lasciando, tocca a noi adesso e il nostro intervento è determinante per il rilancio del paese: non abbiamo più tempo.”
Un paese abbandonato che sembra voler rinascere, lo dimostra l’apertura della Locanda Veleura.
Dopo aver lavorato per parecchi anni in Ruanda, un uomo decide di…
Ma questa è un’ altra storia e ve la racconterò dopo una buona colazione in locanda!
Rosa Johanna Pintus