Sostiene Daniel Mothé che la felicità dell’uomo sembra direttamente proporzionale all’utilizzo del tempo libero ma il low cost culturale non esiste( L’utopia del tempo libero)!
L’autore dimostra infatti che questo principio è valido soltanto per le classi medie dei Paesi ricchi: solo una cerchia ristretta di persone accede al divertimento.
Mothé scrive questo alla fine degli anni Novanta, in un momento in cui alcuni movimenti politici ritenevano di poter arginare il problema della disoccupazione con l’aumento del tempo libero.
E forse, nel caso dell’Italia, fu proprio lì che cominciò a delinearsi un netto distacco tra la casta politica e il proletariato: i ristoranti sono sempre pieni, l’Italia lavora e la recessione è una menzogna, diceva qualcuno con lo stesso atteggiamento di Maria Antonietta!
Non consideriamo l’aumento del tempo libero come un mezzo economico per riassorbire la disoccupazione!- tuonava l’autore– Chiediamoci come sarà utilizzato questo tempo da coloro che non possono accedere ai beni ludici e culturali. Se lasciamo lo spazio del tempo libero al mercato privato senza aiutare i più sfavoriti, esso contribuirà a rafforzare le ineguaglianze sociali.
Mothé aveva ragione; non c’è bisogno di particolari dimostrazioni, ma vediamo come una famiglia di classe sociale media può trascorrere il tempo libero: prendiamo la mia.
Mio marito lavora in un supermercato e io insegno: abbiamo entrambi uno stipendio fisso, ci paghiamo il nostro mutuo e abbiamo tre figli che fanno attività sportiva.
Dunque non siamo poveri ma siamo comunque esclusi da una serie di divertimenti culturali.
Mi sarebbe piaciuto, per esempio, portare i miei figli al Carlo Felice a vedere West Side Story, certa che il bonus docenti (NB non il mio stipendio) me lo avrebbe consentito.
Il Teatro Carlo Felice non accetta il bonus per i musical; i posti più economici, definiti dal teatro stesso a ridotta visibilità, costano 40 euro l’uno (noi siamo in cinque: 200 euro).
Se cliccate sul link “a ridotta visibilità”, vedrete perché-a mio parere- l’arte deve essere accessibile a tutti.
Comunque, escludiamo l’ipotesi teatro e non mi perdo d’animo: “200 euro al Carlo Felice per un’ora e mezza di musical non mi pare il caso; perché non prendiamo il Freccia Rossa e ce ne andiamo a Roma?”
L’idea del cappuccino davanti al Colosseo mi pareva cool, terapeutica considerato che abbiamo passato le vacanze in casa falciati dall’influenza.
Comincio a guardare sul web e mi accorgo che un cappuccino a Roma mi costa almeno 387 euro, l’idea della città d’arte si allontana ma io ormai ho deciso di partire.
La soluzione arriva e prenoto in last minute su booking!
Un appartamento a Frabosa Soprana, solo per una notte, finalmente accessibile: guarderemo la neve e, per dirla con il nostro Mothé, la TV.
Gli spettacoli della televisione sono gratuiti, il loro consumo è senza limite; Non implicano sforzo personale o collettivo, per questo hanno un vantaggio enorme rispetto alle altre attività che richiedono sforzi intellettuali.
Chissà se Mothé, all’epoca, già immaginava la società di adesso, caratterizzata da:
- un linguaggio depauperato;
- una crescente precarizzazione del lavoro;
- un’enorme disuguaglianza sociale tra chi vive in centro e chi vive in periferia;
- un’esasperata lotta tra poveri europei e poveri extracomunitari che porta a un nazionalismo becero e disperato.
Tutto questo non sarebbe accaduto se la cultura fosse stata accessibile.
Rosa Johanna Pintus