Carne da macello e niente altro: Laura e Immacolata uccise nel mese della donna; Jessica il mese prima. Noemi…tutte giustiziate da Italiani.
Ma Pamela è stata uccisa dai nigeriani! Come no? Di fatto si prostituiva anche con Italiani e forse, quell’Italiano che l’ha raccolta per strada, avrebbe dovuto riportarla in comunità.
Se per Laura e Immacolata il reato è quello di aver distrutto il mondo ideale dei loro compagni, per Noemi, Jessica e Pamela non ci sono scuse.
L’opinione pubblica ritiene, erroneamente, che le donne in pericolo siano quelle a rischio, quelle che se la vanno a cercare. Lo pensano gli uomini ma lo pensano soprattutto le donne: donne che odiano le donne; gli uomini, quelli fragili, lo sanno.
Il femminicidio è forse più evidente nei ceti popolari perché si esprime con una violenza fisica eterodiretta; nelle classi alte l’inferno è diverso e le donne arrivano a uccidere se stesse e i figli perché sole, disperate, private dell’autostima necessaria per sopravvivere.
Com’è possibile? Potrei citarne mille di donne in carriera, a me vicine, che nel rapporto di coppia vengono offese, picchiate, costrette a tacere. Tigri sul lavoro, agnelli a casa, vittime di bipolari gaslighter che hanno bisogno di umiliare la femmina per poter esistere.
Gli stessi gaslighter che in passato ci chiudevano in manicomio o ci riempivano di pillole per presunte isterie che erano ricieste di aiuto.
Penso ad Anne Sexton, penso a Sylvia Plath.
Scrive Anne Sexton:
“Stavo tentando l’impossibile per condurre una vita tradizionale… ma non si possono costruire piccole palizzate bianche per tenere lontani gli incubi. La superficie si spezzò quando avevo circa 28 anni. Ebbi un attacco di panico e tentai di uccidermi”.
Testo tratto dall’articolo: L’anima nuda di una donna.
Scrive Sylvia Plath:
Morire è un’arte; io lo faccio che sembra un inferno: bisogna ammetterlo, ne ho la vocazione.
Ed è vero, la sua è proprio un’arte perché, prima di uccidersi col gas, sigilla la camera dei bambini col nastro adesivo.
Due poetesse che non riuscivano a stare negli schemi imposti dalla società, dalla famiglia, dal marito; due poetesse allontanate dai figli perché considerate inadeguate.
La società non era pronta ad accettarle perché non è pronta ad accettare le donne.
Ancora nel terzo millennio la donna fa paura e, se non si uccide, va uccisa: l’accusa implicita , già presente al momento della nascita, è l’essere oggetto di desiderio.
Il destino della donna è quello di essere idealizzata o usata, nascosta o esposta, anima o carne: nonostante le leggi, per le donne non esiste alcuna protezione perché, tutto sommato, noi provochiamo.
Provochiamo per il nostro corpo che sconvolge, per il nostro cervello che osa pensare, per le nostre sottopagate carriere che superano maschi sempre più disprassici e violenti.
Provochiamo e ci volete in esclusiva: siamo il desiderio fatto carne.
Ci odiate e non ci lasciate andare: diventiamo carne da macello.
Si tratta di un’idea ancestrale e trasversale a tutte le culture, tutte le religioni, tutte le epoche: Eva conduce al peccato il casto uomo e va punita mentre lui, il maschio, resta impunito.
Rosa Johanna Pintus