“Chi non danza ignora ciò che accade.”
Lo recita un inno apocrifo a Cristo del II secolo. Insindacabile, le fonti classiche sono autorevoli ma, aggiungo io, la danza è bellezza e armonia: anche quando si scomoda Dioniso.
Solo che per scomodare Dioniso occorre conoscerlo perché non è quell’omone blu.
E la forma più alta della danza greca era l’emmelèia, non il kòrdax!
Chi era Dioniso?
Dioniso era bellissimo e tremendamente vendicativo: sua madre Semele era stata uccisa da un inganno di Era, il feto venne nascosto da Zeus nella sua coscia e da lì nacque, desideroso di vendetta.
Una divinità terribile e priva di equilibrio interiore, il nostro Dioniso, che forse nella cerimonia olimpica non avrebbe dovuto essere evocata perché porta il caos, come in effetti ha fatto se consideriamo la pioggia, l’inquinamento della Senna, l’abbandono del Villaggio Olimpico perché Dioniso è distruzione.
Ce lo racconta bene Euripide ne “Le Baccanti“.
Dioniso rivelava, agli occhi di Euripide, la sua totale insufficienza come divinità: irresistibile forza della passione sessuale ma incontrollabile.
Ravvisare una radice divina in simili forze irrazionali era caratteristico della religione greca fin dai tempi più antichi, ed ancora al tempo di Euripide ogni associazione tendeva ad organizzarsi in un thiasos religioso: la comunità sembrava poter avere consistenza solo se una divinità creava e manteneva in essa uno spirito superindividuale.
In Macedonia Euripide sperimentò la forza di tale spirito: egli assistette in prima persona al diffondersi del nuovo rito, e visse, anche se non da credente, il crescente fanatismo.
Baccanti nasce da questa esperienza.
Si tratta di una divinità inclusiva?
La forza del culto bacchico è ben descritta nelle pagine di Incontro con io, scritto da E. Scalfari:
Ed ancora:
Se l’idea di Jolly era quella di celebrare la potenza di Dioniso, mi chiedo su quale strada ci stiamo avviando e non mi riferisco alla cultura woke ma alla superficialità con la quale vengono affrontate una regia o una coreografia proponendo conoscenze classiche che non ci sono.
Mi offende dunque meno la citazione dell’Ultima cena di Leonardo che la chiamata in causa di Dioniso. Mi sento più offesa come classicista che come cristiana!
Dioniso non rappresenta l’esaltazione dell’ebbrezza ma il dramma della debolezza umana dinanzi all’incomprensibile potenza divina.
La dimensione della follia impregna tutti i personaggi del dramma di Euripide: il coro è pazzo perché è fanatico, Cadmo e Tiresia risultano folli per la loro illusione: “Il dio non fa distinzione se debba danzare il giovane o il vecchio.”
Penteo è pazzo perché non riconosce Dioniso, il cugino, e sfida una divinità che si configura come un insieme di ordine e caos, civiltà e vita selvaggia, divinità e bestialità.
Agave è pazza perché si lascia possedere dall’ebbrezza.
Le Menadi dunque non sono consapevoli Drag Queen, sono donne che sfidano i valori tradizionali perché scelgono Dioniso rispetto a Penteo, autorità politica.
Le Drag Queen dell’Ultima cena erano invece palesemente guidate da un Goebbels postmodermo e al servizio della propaganda.
Infine, quando Dioniso agisce, Agave soffre e Penteo muore.
E come muore?
Lui, così virile, viene convinto da Dioniso a vestirsi proprio come una donna, una drag queen, per poter raggiungere le Baccanti:
Le raggiunge ma Agave confonde quella parrucca da donna per la criniera di un cucciolo di leone e gli strappa a mani nude la testa dal tronco per offrirla a Dioniso:
Le altre strappano gli arti del malcapitato Penteo e se ne nutrono, è lo sparagmòs! Poi Agave raggiunge, trascinando la testa di Penteo grondante di sangue, suo padre Cadmo che la invita a guardare che cosa?
Il sole.
E Agave, disperata, capisce di aver ucciso il suo stesso figlio.
La rappresentazione di Dioniso può essere estrema, il regista Carlus Padrissa a Siracusa non ha fatto sconti su questo e ha a tratti sconvolto il pubblico, ma deve essere drammatica e non festosa o ridicola: non si ride di Dioniso, non si festeggia con Dioniso.
Dunque se l’intenzione di Jolly era quella di rappresentare Dioniso, divinità non olimpica, tra le divinità olimpiche, come una sorta di dio dell’Inclusione, non ha capito nulla.
Se invece il caro Jolly era consapevole, e io temo che lo fosse e che tale cerimonia sia stata preparata in ogni minimo dettaglio simbolico dal toro vicino ai cerchi olimpici, al viaggio in metropolitana (un viaggio ctonio), a Caronte fino all’Ultima cena, siamo noi a dover tremare perché quella che ci è stata proposta è l’annoiata Capitol City che disseta la sua noia con atleti-tributi sacrificati all’Anticristo che non è Dioniso ma la lobby neoliberista.
E, sarà un caso, quando Euripide rappresenta Baccanti?
Quando Atene ha ormai perso la Guerra del Peloponneso: dopo un’epidemia di peste e dopo uno scontro tra Atene e Sparta che è drammaticamente simile alla situazione attuale se si sostituisce Corcira con l’Ucraina.
Alessandra Giordano