Lascio la parola, per quest’articolo, all’amica Cristina Tolmino poiché io mi sento, come chi abbia vomitato per lungo tempo, priva di energia.
Spazzata via dalla cattedra come me, lascio a lei ogni commento.
Rosa J. Pintus
Certo che in due anni ne abbiamo viste di tutti i colori, dalla Dad, portata avanti dai singoli docenti come uno sforzo individuale in preda all’emotività e all’ugenza, in nome della causa e per il bene dei ragazzi, alla scuola sicura della ministra Azzolina, con i suoi banchi a rotelle che, rapportati al contesto odierno, fanno sorridere, alla scuola sicura del ministro Bianchi, con il suo certificato verde, dalla valenza meramente divisiva e diversiva , il cui unico fine era distrarre l’opinione pubblica da tutte le inadempienze dei vari governi che si sono avvvicendati anche prima della pandemia, dai quali mai nulla è stato fatto per provare a risolvere i problemi storici del mondo della scuola che ormai vengono elencati come una litania: classi pollaio, mancanza di spazi, carenza di organico, mancanza di sistemi per il ricambio dell’aria , problema per il quale il ministro ha emanato disposizioni esilaranti, etc.
Ora, come evoluzione del certificato verde, per ottenere la scuola sicura tanto agognata dal monistro Bianchi, si è imposta l’ennesima umiliazione a tutto il personale della scuola con l’obbligo vaccinale, da espletarsi fino alla terza dose.
Fallimento del certificato verde
Dal monento che il certificato verde ha fallito fin dalle sua nascita come norma di prevenzione sanitaria poiché il controllo e il monitoraggio delle possibili infezioni hanno coinvolto solamente i non vaccinati, essendo i vaccinati liberi di contagiarsi e contagiare senza sottoporsi a tampone, si è ben pensato di rendere la scuola più sicura facendo cadere l’illusione della prevenzione sanitaria per esibire un provvedimento di legge che istituzionalizzasse la persecuzione politica per coloro che ancora non si sono decisi a cedere al ricatto dell’inoculazione fozata dietro sottoscrizione dell’immancabile consenso volontario estorto.
La mancata sottomissione all’accettazione dell’obbligo comporta, per il docente ribelle, la sospensione dall’insegnamento fino al momento in cui non si sarà “redento”, o comunque per non meno di sei mesi. La sospensione, precisa il decreto, non ha carattere disciplinare (nel qual caso sarebbe prevista una sorta di indennità alimentare, che al docente ribelle non spetta, in palese contrasto con l’articolo 36 della Costituzione, ma ormai non ha neanche più senso evocare la Costituzione, che è stata violata e violentata con una barbarie inaudita) , prevede che al lavoratore sospeso non sia corrisposto emolumento alcuno, e prevede, almeno per ora, la conservazione del posto di lavoro. In pratica, non si percepisce lo stipendio per sei mesi, si perdono anzianità e contributi pensionistici, ma , per ora, non si rischia il licenziamento, ma, in assenza di stato di diritto, non è scontato neanche questo.
La “sospensione”
La procedura di sopensione è macchinosa e poco chiara nella sua esecuzione, ed è scaricata interamente sulle spalle dei Dirigenti Scolastici, molti dei quali avendo già applicato a malincuore il decreto sul Green pass, dovranno vestire obtorto collo i panni di novelli kapo del XXI secolo, convocare i loro docenti, e dire loro uno per uno “Tu si”, “Tu no”, prendendosi la responsabilità di privare molte famiglie della loro fonte di sostentamento, oltre che della loro dignità.
Aggiungo che il certificato verde è stato un requisito essenziale per lo svolgimento, anzi, l’erogazione del servizio in presenza, un vero e proprio lasciapassare, il possesso del quale permetteva o non permetteva l’accesso al posto di lavoro; diverso è il caso del vaccino, perché esso è requisito essenziale per svolgere la professione di lavoratore della scuola, non riguarda, cioè, un eventuale contatto con un eventuale pubblico, ma riguada, invece, l’essenza stessa dell’esercizio di una professione, come fosse equivalente a un titolo di studio, o al superamento di un concorso.
Il certificato verde riguardava l’esercizio di una professione, il vaccino riguarda la persona in quanto lavoratore, viene a far parte integrante dell’essenza stessa della professione di chi lavora nella scuola. Sono sottigliezze, ma importanti. Rifiutare il green pass significava rifiutare l’ipocrisia della finta sicurezza con cui si imponevano condizioni per l’esercizio della professione. Rifiutare il vaccino significa rifiutare un requisito imposto per essercitare le professioni legate al mondo della scuola.
Appurato dunque che la pericolosità sanitaria del docente non vaccinato e sottoposto a tampone ogni 48 ore è stata in questi tre mesi di scuola nulla, poiché il docente sottoposto per obbligo a tampone è stato l’unico a controllarsi, è d’uopo cercare di capire in cosa possa risiedere la sua pericolosità, quali siano le motivazioni che permettano di giustificare un provvedimento come la sospensione e l’umiliazione della mancanza di sostentamento.
Il docente non vaccinato non viene sospeso per motivi sanitari o disciplinari ma per motivi politici, poiché rappresenta un pericolo ideologico, perché rappresenta il dissenso, la resistenza, il pensiero critico , e questo, nella scuola dei migliori, voluta dal governo dei migliori, va abbattuto.
La scuola , in quanto feudo governativo per eccellenza, non può permettersi il dissenso, non può lasciare che chi manifesta un pensiero diverso e dissonante con quello del main stream possa essere lasciato libero di vivere con dignità, lavorare e avere una vita decorosa, la scuola deve castigare, reprimere, essere forte con i deboli e punire quei quattro “sfigati” che ancora non si sono andati a fare la puntura salvifica e mai lo faranno, nonostante tutto.
Del resto, già nella circolare ministeriale del 27 luglio, che ha preceduto il famigerato decreto con il quale si introduceva l’obbligo del possesso e dell’esibizione della tessera verde per accedere ai locali scolastici, il ministro Bianchi aveva sottolineato l’importanza del ruolo del docente come promotore della campagna vaccinale, invitando gli insegnanti a farsi carico di essere il tramite fra i giovani e il vaccino, e ognuno ha partecipato alla campagna pubblicitaria a suo modo.
Perciò saremo eliminati dalla scuola, perché non c’è posto per noi nella “scuola dei migliori”, perchè rappresentiamo un pericolo non sanitario ma ideologico, saremo ridotti alla fame per non avere accettato non una norma di precauzione sanitaria ma un ricatto politico e questo deve essere ben chiaro e manifesto, come è manifesto che la nostra “cacciata” avverrà giorno 15 dicembre, e giorno 16 dicembre si darà inizio alle vaccinazioni pediatriche, e allontanare i docenti dissidenti è un ottimo modo per togliere un potenziale interlocutore alle famiglie che nutrano dubbi sulla necessità di sottoporre i loro bambini alla sperimentazione del siero.
La scuola “dei migliori”
Nella nuova scuola “dei migliori”, riformattata all’insegna della censura non c’è spazio per il contraddittorio, per il confronto, per la creazione di pensiero che scaturisca dalla dialettica tesi-antitesi.
La scuola si è trasformata da luogo dell’inclusione a luogo della discriminazione, senza eclusione di colpi, nessuno è risparmiato, i primi a essere colpiti siamo stati noi adulti, poi piano piano si è giunti ai ragazzi, esclusi anche da molte attività facenti parte della vita scolastica se non in possesso di tessera verde, e si arriverà ai bambini.
La scuola, luogo in cui si realizzano la formazione e l’educazione, si è schierata scegliendo la repressione , che è antitetica all’educazione, e con la repressione pretende di insegnare l’ubbidienza, profondamente differente dal rispetto della legge, ma soprattutto, avvalla e difende un concetto di “libertà” come privilegio, di “diritti” come concessioni che si rinnovano a scadenza sotto la pressione di un ricatto, che dovrebbe fare rabbirividire chiunque abbia la responsabilità di sedere dietro una cattedra.
Cristina Tolmino