Pubblico qui le considerazioni della nostra Cristina Tolmino riguardo il primo giorni di scuola.
Da quel giorno la situazione è solo peggiorata.
15 settembre 2021
Oggi… primo giorno di scuola.
Ho scioperato.
Nei giorni scorsi ho ricevuto un florilegio di messaggi, inneggianti al “buon inizio di anno scolastico”, cosa che detesto a prescindere, e in quest’occasione mi è risultata ancora più indigesta.
Ho risposto a tutti coloro che me li hanno inviati, uno per uno, a seconda degli umori del momento. “Quest’anno non credo inizierò”. “Quest’anno inizierò accettando l’estorsione del tampone perché ho bisogno dello stipendio”. “Quest’anno inizierò con i tamponi, poi si vedrà”, che è la posizione che attualmente mi convince di più.
Ho suscitato reazioni di stupore, di biasimo, di disapprovazione.
Chi mi conosce bene sa che mai avrei ceduto al ricatto vaccinale, e che mai sarei disposta a cambiare idea su questo argomento.
Chi mi conosce bene non mi ha inviato gli auguri di “buon inizio anno scolastico”, e neppure si stupisce per la mia determinazione.
Chi non mi conosce bene si aspettava di vedermi crollare sotto la minaccia del ricatto lavorativo, si aspettava che io “mi convertissi” e andassi a ingrandire le fila dei neofiti che hanno abbracciato la nuova religione del siero miracoloso.
Frasi come “Che peccato, eppure ti reputavo una persona intelligente”, “Che delusione che hai dato alla scuola”, “Non capisco come una persona che non crede nella scienza possa insegnare a dei ragazzi” si sono sprecate, in gran parte si trattava di persone con cui avevo già allentato i rapporti quando è partita la campagna vaccinale, e che si sono rifatte vive giusto per sincerarsi se mi fossi adeguata al loro credo o se fossi incorsa nella procedura discriminatoria alla quale sono condannati coloro che, avendo scelto di non vaccinarsi, non hanno infranto la legge ma dalla legge sono costretti a complicarsi la vita per poter continuare a avere il diritto al lavoro, con tanto di palesi esternazioni di sadismo da parte delle nostre istituzioni.
Chi mi conosce bene, pur in alcuni casi non condividendo la mia scelta scomoda, mi rispetta per la mia determinazione. Qualcuno mi chiama per avere notizie su come procedono le proteste, perché paventa che il ricatto vada ben oltre il prefissato termine del 31 dicembre e gli venga richiesta una non troppo improbabile terza dose per poter continuare a esercitare i propri diritti costituzionali. Qualche amico/a, vaccinato /a con due dosi, mi chiede la condivisione di qualsiasi tipo di iniziativa contro la tessera verde perché, pur avendo creduto nella validità della vaccinazione, reputa la coercizione realizzata tramite il lasciapassare una misura discriminatoria lungi dall’essere una misura sanitaria ma una forma istituzionalizzata di controllo attraverso la quale poter porre delle limitazioni “di stato” a movimenti, pensieri, parole, azioni, opinioni.
Promessa di “libertà” o riscatto da versare?
Per comprendere la complessità del messaggio veicolato dall’accettazione del lasciapassare verde, infatti, è necessario realizzare che la promessa di “libertà” millantata dalle istituzioni e dall’informazione ufficiale si svolge in realtà come una compravendita, o meglio, come il pagamento di un riscatto, che tutti devono “versare” , se vogliono poter mantenere il diritto al lavoro, e, dunque, sopravvivere.
In questi termini, mi è anche chiaro il senso delle parole “Chi non si vaccina muore”, pronunciate tempo fa dal Presidente del Consiglio come affermazione perentoria, lapidaria, intimidatoria, non supportata, per fortuna da alcuna evidenza scientifica in virtù della quale si potesse dimostrare il rapporto di causa ed effetto tra la mancata vaccinazione e la morte del soggetto che avesse scelto , volontariamente, di non concedere, dietro coercizione, il proprio corpo e il proprio consenso volontario estorto con il ricatto, allo Stato.
A distanza di alcune settimane da questa affermazione, e alla luce degli sviluppi liberticidi introdotti dal DL 111 del 06.08.2011 recentemente convertito in legge, e da tutte le degenerazioni che ad esso seguiranno, comprendo che il messaggio del Presidente del Consiglio era profetico, in quanto ammoniva i cittadini che chi non avesse accettato la vaccinazione sarebbe morto di fame, perché gli sarebbe stato proibito, per legge, di avere accesso al posto di lavoro e , di conseguenza, di mantenersi e di portare sostentamento alla famiglia.
Significato della Scuola come luogo principe della repressione
La repressione è iniziata dalla Scuola , feudo governativo per eccellenza all’interno del quale la resistenza ai soprusi dello stato è da sempre esigua, per poi estendersi a tutto il mondo del lavoro, colpendo il cittadino non solo nella sua dimensione sociale, culturale e relazionale, ma nella nuda materialità del portafoglio, dopo aver evidentemente calcolato che ,se ci si può privare del divertimento, dello sport, del cinema, del teatro, del museo, del viaggio, del ristorante, nessuno può accettare di essere privato del lavoro, che è fonte di sussistenza per le famiglie, e dunque, il mancato asservimento al ricatto vaccinale è stato profeticamente dipinto come una causa di morte perché avrebbe certamente portato le persone a morire, ma di fame.
Cosa fare domani tra i suggerimenti degli avvocati e la spersonalizzazione tecnologica
E dunque oggi ho scioperato, ma con sfiducia, probabilmente sono stata l’unica della mia scuola a farlo nonostante io non sia l’unica “dissidente”, probabilmente sono anche l’unica che si sta ancora interrogando su cosa farò domani… se accederò ai locali ma non entrerò in classe perché priva di lasciapassare e mi farò sospendere subito, senza neanche avere il tempo di iniziare, il che potrebbe proteggermi da discriminazioni, battutine, risatine e attacchi più o meno pesanti alla mia persona… se entrerò con un lasciapassare da tampone nascondendomi come se avessi commesso chissà quale delitto… se entrerò con un lasciapassare da tampone e non ne farò mistero difendendo la mia posizione e la mia scelta, pronta a controbattere tutti gli attacchi che mi arriveranno, sia sul piano professionale che su quello personale. E’ in ogni caso una scelta difficile, e a nulla è servito impiegare tutta l’estate a pensarci…
Durante questa estate ci sono state molte iniziative promosse da alcuni avvocati, che hanno suggerito ogni sorta di modulistica da impiegare qualora ci venisse richiesto di esibire il lasciapassare… autocertificazioni rivendicanti il pieno godimento dei diritti costituzionali, verbalini da presentare in ingresso , sia che si sia provvisti del lasciapassare sia che non se ne sia provvisti, lettere ai Dirigenti con le quali si richiede la disapplicazione del DL 111 in virtù della sua palese incostituzionalità, insomma, ogni sorta di documento che potesse rallentare o inceppare la procedura, ma nessuna soluzione risolutiva che permettesse di aggirare la situazione distopica all’interno della quale tutti siamo impotenti.
A ciò si aggiunge il fatto che, domani, a controllarmi all’ingresso, non troverò una persona, ma un totem, con cui non potrò interagire, e che, se dovrà sancire la mia espulsione da scuola, lo farà in maniera fredda, impersonale, senza alcun coinvolgimento emotivo e senza che nessuno debba prendersi la responsabilità di ratificare il provvedimento, perché verrò punita dal “sistema”, che trasmette dati a una piattaforma di controllo superiore, spersonalizzando le nostre azioni, il nostro agire, il nostro vivere, in nome della nuova società tecnologica che limita il contatto tra le persone, tra le menti, tra i sentimenti, e annulla le possibilità di dialogo e confronto, e ci può allontanare dal posto di lavoro come se fossimo un ingranaggio difettoso, o una chiave che non entra nella serratura.
Vincitori e vinti: da cittadini a sudditi
In questa situazione non ci sono vincitori e vinti, o buoni e cattivi, come l’informazione ufficiale vorrebbe farci credere. In questa situazione siamo tutti vinti, alcuni ne hanno contezza, altri no.
Un popolo che accetta che lo Stato gli sottragga il diritto al lavoro e glielo restituisca dietro corresponsione di “qualcosa”, sotto forma di privilegio, di concessione, di beneficio, è un popolo vinto, sconfitto e sottomesso senza che ci sia stata una guerra.
Che quel “qualcosa” da corrispondere sia la sovranità sul corpo, o l’estorsione del costo dei tamponi, poco cambia, in ogni caso si è perso lo “status” di cittadini per acquisire quello di sudditi, senza neanche dover ufficializzare un colpo di stato. La Costituzione c’è, ma molte persone non la conoscono. Non è necessario doverla abolire, è sufficiente calpestarla, e anche senza dover fare troppo rumore o incontrare particolare resistenza. La disinformazione permette alle persone di non sapere di avere dei diritti, e se non si sa di avere dei diritti, non si può non solo pretendere di esercitarli, ma non ci si accorge di aver subito un torto quando questi diritti vengono compressi o cancellati.
Molte persone con cui mi sono confrontata durante questo periodo sostengono che la Costituzione non interessa loro perché non le riguarda, i media sovente si sono fatti promotori della “vecchiaia” della Costituzione , che non è più adatta alle esigenze della “nuova”società, tecnologica, globalizzata e destinata a un futuro caratterizzato da un susseguirsi ininterrotto di emergenze e pandemie fino alla fine dei tempi. In questo contesto, sempre secondo l’informazione ufficiale, la nostra povera Costituzione, desueta e obsoleta, dovrebbe lasciare il posto alla modernità dei lasciapassare governativi , che, di emergenza in emergenza, garantirebbero un ritorno alla libertà e alla “vita”, con sempre nuovi ricatti e diversificate forme di coercizione…
Devo ancore decidere cosa farò domani…
Cristina Tolmino