di Cristina Tolmino
Ciò che non manca in questo momento storico è la sovrabbondanza di informazioni, poco importa che siano attendibili, verificate, provenienti da fonte certa o fake news, l’importante è che siano tutte accomunate da un unico fine: essere gettate in pasto ai media solo per seminare il panico.
In particolare, nell’ultima settimana, è particolarmente vivo il bombardamento mediatico relativo alla “sorte” dei docenti non in possesso del lasciapassare governativo.
Secondo la vulgata il marchio verde permette di poter accedere al luogo di lavoro, viceversa lo preclude se non esibito, sulla base della convinzione errata (smentita peraltro dallo stesso Fauci, oltre che dal “nostrano” Crisanti) che la persona che non è stata soggetta al trattamento dell’inoculazione con i vaccini OGM (questa è la loro corretta denominazione, secondo la dottoressa Bolgan), sia responsabile della diffusione del virus mentre colui che è stato sottoposto alla sacra procedura non lo sia.
Si dibatte molto, dunque, su questo tema, scatenando la fantasia di giornalai, giornalettisti, virostar e opinionisti innalzati a giudici e detentori della salute collettiva oltre che della pubblica moralità… chi propone inoculazione coatta, magari prevedendo anche una violazione del domicilio dei “ribelli” con conseguente siringata nel bagno di casa propria, chi proclama che il salasso economico a cui il docente andrebbe incontro sottoponendosi a tampone trisettimanale sia cosa buona e giusta, chi pregusta torme di docenti con le narici sfondate ad affollare gli hub vaccinali dopo qualche settimana a causa dell’insostenibilità del protrarsi della pratica invasiva del tampone nel tempo; insomma, chi più ne ha più ne metta, io personalmente, dopo avere visto sui social messaggi inneggianti all’odio e invocanti lo sterminio, se non addirittura le camere a gas, nei confronti dei non vaccinati, provenienti da personale infermieristico che si firma con tanto di nome e cognome, posso dire di non meravigliarmi più di nulla.
Uno scritto però, fra tutto questo mare magno di informazioni, intimazioni e intimidazioni mi ha stupita: la Nota 2842 del 6 agosto, a propostito di INPS e quarantena.
Esso recita:
“… Chi fa (o ha fatto) la quarantena quest’anno non ha dirotto ad alcuna tutela. Resta a casa, senza retribuzione e senza contributi. Lo precisa l’INPS nel messaggio 2842/2021), spiegando che il blocco scaturisce dal mancato stanziamento di risorse per l’anno 2021. L’INPS, inoltre, avverte i datori di lavoro: eventuali periodi di quarantena che siano stati riconosciuti come “malattia” (come è stato possibile fino al 31 dicembre), sono considerati indebiti e le eventuali indennità erogate ai dipendenti, conguagliate sull’UniEmens (denuncia mensile contributiva) , richieste a rimborso…”
Nota Inps
A prescindere dalla facilità con cui si pensi di poter azzerare la retribuzione a dei lavoratori, come se la facoltà di erogare stipendio e contributi fossero equiparabili a accendere e spegnere un interruttore, desidero riflettere sul concetto stesso di “quarantena”, relativo alla dimensione della scuola.
La classe andava in quarantena quando, genericamente, si riscontrava un caso “positivo”. Spesso il caso “positivo” si metteva in quarantena prima di sapere di essere positivo, perché dal momento della constatazione di aver avuto una situazione di rischio di contagio , o dalla comparsa dei sintomi al momento dell’esecuzione del tampone passavano alcuni giorni. Dunque solo l’ufficializzazione fornita dall’esito del tampone poteva permettere di avere gli strumenti affinché la classe entrasse in quarantena. Facendo i conti della serva, qualche altro caso “positivo” si sarebbe potuto riscontrare e a sua volta avrebbe potuto contagiare gli altri.
Entrando la classe in quarantena, i ragazzi seguivano tutti le lezioni da casa.
Se un ragazzo avesse avuto un familiare in quarantena, avrebbe comunque seguito le lezioni da casa, sperando che non avesse contagiato nessuno nei giorni in cui fosse comunque venuto a scuola.
Questo è quanto è capitato nell’Istituto nel quale insegno.
E i docenti?
Nessuno si è mai preoccupato di metterci in quarantena.
Il docente non è considerato un contatto a rischio, dal momento che i due metri di distanziamento fra la cattedra e il primo banco avrebbero garantito la sicurezza. Ci hanno ripetuto per un anno che LA SCUOLA E’ UN POSTO SICURO. Che il distanziamento garantisce la sicurezza, Che le mascherine e l’igiene delle mani garantiscono la sicurezza. Che l’apertura delle finestre al cambio d’ora garantisce sicurezza .
Che i banchi monoposto garantiscono la sicurezza (per fortuna la mia Dirigente, che è una persona illuminata, non ha fatto arrivare quelli a rotelle) . Che gli ingressi scaglionati garantiscono la sicurezza. Che le ricreazioni svolte a orari differenziati e gli accessi al bagno controllati garantiscono sicurezza. Che la sicurezza è responsabilità di tutti e se tutti contribuiamo siamo al sicuro.
Ci abbiamo creduto. Io, personalmente, ci ho creduto, e ho persuaso i miei studenti a crederci.
Le mie classi terminali, che dal giorno in cui è stato possibile rientrare in presenza non hanno saltato un giorno di scuola, sempre grazie alla presenza di una Dirigenza illuminata, e che frequentavano nella loro “interezza” (nel senso che venivano tutti a scuola e non metà a casa metà a scuola secondo una specie di bi-zona che è stata oggetto di bonaria ironia sui social) non sono mai state messe in quarantena in tutto l’anno, qualcuno dei ragazzi si è accorto di essere e positivo per tempo, è stato assente, e nei giorni in cui era a casa ha seguito in Dad, e siamo arrivati in fondo, condividendo le responsabilità.
Io, da non vaccinata, e potenzialmente scettica sul vaccino da subito, non mi sono ammalata, non ho fatto un giorno di malattia né di quarantena, lo stato non ha dovuto farsi carico di nessuna spesa per quanto riguarda il mio rapporto con la pandemia, sono andata in classe a testa alta, senza paura, guardando i ragazzi negli occhi e intercettandone i sorrisi sotto le mascherine, e ho continuato a nutrirmi di quei sorrisi celati, benché additata come eretica dai colleghi vaccinisti che in più di un’occasione mi hanno cristianamente augurato di ammalarmi e di far morire la mia famiglia tra atroci sofferenze e altre amenità.
Ora, questa notizia sulla quarantena senza retribuzione come misura punitiva, pare esercitare una forma di giustizia nei confronti di chi , contraendo eventualmente l’infezione, trasgredisce non si sa bene quale regola, consuetudine o precetto e mi irrita e mi addolora, perché, oltre che essere l’ennesima presa di posizione atta a gettare discredito su tutta la categoria, confuta tutto quanto di buono è stato costruito in questo ultimo anno scolastico.
Lo stesso docente che nell’anno scolastico 2020-21 era considerato al sicuro, inserito in un contesto sicuro, che diventa sicuro nel momento in cui si osservano le buone pratiche per favorire la sicurezza, intesa come gestione collettiva di responsabilità , per l’anno scolastico 2021-22 viene presentato ai media come un soggetto ai cui è giusto togliere il lavoro se non si piega al ricatto vaccinale, e a cui non corrispondere lo stipendio durante eventuali periodi di quarantena, come se la quarantena fosse un divertimento, una pratica diffusa e abusata per truffare lo Stato.
Sono dunque testimone della mia trasformazione da super eroe a parassita, a cancro sociale da estirpare, eppure io sono sempre la stessa, ma la propaganda, secondo meccanismi consolidati che già sono stati usati nella storia, mi cuce addosso un’etichetta con la quale mi presenta al mondo, e gli fornisce una motivazione plausibile per discriminarmi.
Sono testimone della trasformazione del vaccino come opzione e come opportunità finalizzata alla prevenzione in un ricatto, grazie al quale potrei rientrare in possesso di alcuni miei diritti , fra cui quello del lavoro, i quali mi verrebbero restituiti come “concessione”, dietro cessione allo Stato della sovranità sul mio corpo.
Sono testimone della trasformazione della quarantena come strumento di prevenzione in uno strumento di punizione politica.
A questo punto della storia, vorrei non essere testimone di altro, perché la Storia insegna, ma l’essere umano non impara!.
Cristina Tolmino