Lo osservo, il ministro bovino, nel suo tweettare continuo e incandescente. Seguirlo è semplice: non richiede sinapsi. Parla a slogan e dà di sé l’immagine del duro e puro. Quasi quasi è meglio del Duce, che aveva una virilità così possente da non doversi neppure togliere gli stivali: un’ars amatoria un po’ rude che può piacere alle donne di quella parte politica. Ora si veste da poliziotto, quasi la polizia fosse cosa sua. Rivendica l’ordine e tuona contro l’immigrato nero, brutto e cattivo.
Non protesta per Lodi, gli conviene sia così: la sua gente lo ama. Al suo fianco i triumviri si oppongon debolmente; Di Maio tace, lascia che il bovino gli porti via voti. Del resto anche Gigi ha un volto bovino, e il cuore docile di una mucca diretta al macello. Si spera in Conte, che ha studiato e che è cristiano.
Perché che Salvini abbia fatto il classico, io non lo posso proprio credere: il liceo classico apre la testa mentre quella di Salvini è chiusa come una mandorla di Sicilia. Lo confronto con Fini, di destra ma elegante. Era pericoloso perché sapeva parlare, decidere, pensare. Mi piaceva Fini, il nemico perfetto: un macellaio vestito da duca che non ha fermato l’operazione Diaz. L’ho odiato e nel contempo mi affascinava. Come Maroni, che si trovava dalla parte sbagliata e, se lo avesse avuto la sinistra, non si sarebbe autodistrutta.
Riconosco il valore degli avversari, non riconosco il valore di Salvini se non nella sua bovinità. Mi chiedo dove sarebbe il ministro adesso senza i voti di Casa Pound. Già, Casa Pound che a modo suo ha una visione eroica, quasi epica della vita. Salvini invece è il niente, è la democrazia della mediocrità che mira a trasformarsi in dittatura. E la dittatura serve per nascondere il disordine estremo di uno Stato che sta morendo. Prima gli Italiani, certo: quelli che non pensano, quelli che leggono solo i social e per parole chiavi. Siamo all’esaltazione della frase nominale mentre in principio era il verbo.
Rosa Johanna Pintus