Mohamed Bouazizi
La primavera araba parte con Mohamed Bouazizi, un giovane venditore ambulante che, nel dicembre del 2010, si dà fuoco nella cittadina di Sidi Bouzid. Il suo gesto ricorda quello di Jan Palach che, nel 1969, si dette fuoco a Praga per protestare contro l’occupazione sovietica.
Chissà se Mohamed era a conoscenza del gesto di Jan Palach, chissà se Jan Palach sapeva che nel mondo capitalista era in atto una rivolta.
Di fatto questi due ragazzi, accomunati nella modalità angosciante di esprimere la protesta, danno avvio a qualcosa di straordinario immolando se stessi.
La Primavera di Praga scosse il mondo e ispirò letteratura e teatro, del resto era in atto lo scontro tra due visioni politiche opposte e le due superpotenze si controllavano a vicenda. Ciononostante Praga rimase occupata dalle truppe sovietiche fino al 1990.
La Primavera Araba invece viene guardata con un minore coinvolgimento emotivo, per questo la blogger Amina decide di fare un atto che sconvolge il mondo arabo e incuriosisce l’Occidente.
Amina e Malala
Ha solo vent’ anni Amina Sboui quando si posta a seno nudo su facebook; la rete diviene il suo strumento di protesta, la sua finestra sul mondo e il corpo diviene voce: la voce gridata di quelle ragazze che, come la premio Nobel Malala ,in Pakistan, vengono perseguitate soltanto per il diritto allo studio.
Il caso di Malala
Perché Malala a quindici anni subisce un attentato, rea di battersi per il diritto allo studio e, come Amina, Malala combatte su un blog:
Oggi è il 15 gennaio, è l’ultimo giorno prima che entri in vigore l’editto talebano, e la mia amica continuava a parlare dei compiti, come se non stesse accadendo niente al di fuori dell’ordinario.
Oggi ho anche letto il diario che ho scritto per la BBC (in urdu) e che è stato pubblicato sul giornale. A mia madre piace il mio pseudonimo “Gul Makai”, e ha detto a mio padre “perché non cambiamo il suo nome e la chiamiamo Gul Makai?” Anche a me piace perché il mio vero nome vuol dire “addolorata”.
Tratto da articolo di Viviana Mazza
La rivolta di Malala è forte ma non estrema; pubblica sulla rete un diario quotidiano in urdu e la BBC lo diffonde.
C’è dunque interesse e c’è paura, la sua ribellione diviene subito eroismo e pericolo estremo.
Un ritratto
Io sono Malàla Yousafzai viva
per miracolo con un colpo alla testa.
La scuola è la mia porta magica,
lì mi tolgo il velo e imparo chimica
e stregonerie vietate. Mio padre
ha voluto questa scuola: contro
i talebani, contro la barbarie.
Ho paura di andare a scuola.
La paura è un abito rosa
che indosso per sfida e grido
sul blog.La paura ha sapore
di sabbia e di sole, di coraggio
insperato che giunge a salvare.
Ho il mio blog! Il mio blog! Il mio
blog irriverente fa ironia sui divieti.
Sorey sorey pa golo rashey, da be
nangai awaz de ra ma sha mayena.
Sono una bambina, i talebani
non ammazzano bambine.
L’onore di me donna è ancor
più vivo: ho 13 anni, non metto
il burqa, non m’imprigiono in un burqa.
La porta ora si apre: l’autobus frena.
Sale e trema chi mi deve freddare.
Chi è Malàla? Malàla son io. Una Colt 45:
tutta per me. Tre colpi: caddi
in avanti tra grida. La tua mano
trema.Oh Malalài il tuo canto
dell’onore nella voce di mio padre
che mi educa agli eroi. Sento freddo.
Alessandra Giordano “Ni Dios, ni patron, ni maridos”.
La rabbia di Amina
La protesta di Amina invece è provocatoria e rabbiosa, con un gesto ella recide i legami con la tradizione: sul seno nudo scrive
Il mio corpo mi appartiene.
La rete diviene fuoco e questa ragazza vive l’inferno: viene sottoposta a esorcismi e antidepressivi, viene condannata alla lapidazione ma le Femen riescono a fare una colletta per liberarla.
Neanche con le Femen Amina trova la pace, le considera islamofobe e assurde.
La rivoluzione però è partita e un nuovo femminismo si insinua nella Primavera Araba cui anche le donne vogliono partecipare: a sedici anni organizza scioperi a scuola e combatte per l’emancipazione femminile.
La figura di Amina ha delle ombre, talvolta ricorda una menade impazzita, ma chi viene costantemente soggiogato e prevaricato può mantenere un atteggiamento equilibrato?
Fuck your morals! Il mio corpo mi appartiene.
Mi appartiene il seno nudo che ti mostro senza freni;
mi appartiene la mia bocca che decide chi baciare;
i capelli che recido per protesta alla morale
la mia lingua più non tace, tatuo il seno, non fa male.
Questo corpo mi appartiene: io lo grido nella rete!
Guardo te dritto negli occhi: tu mi offendi, mi fai male.
Alessandra Giordano “Ni Dios, ni patron, ni maridos”
Ceylan Ozalp
Ceylan è una giovane guerriera curda che combatte in Siria contro l’ISIS. Ha diciotto anni e impugna le armi perché sa che se vince lo Stato Islamico le donne cesseranno di vivere.
Sa anche che combattere non è un gioco, che si può morire.
Ceylan non teme tanto la morte quanto la prigionia perché prigionia significa abusi.
Così si trova a Kobane e spara, spara fino a che le rimane una sola pallottola.
Davanti a lei i guerrieri neri, le sue compagne sono troppo distanti per aiutarla;
un lunghissimo istante e si uccide: la sua vita le appartiene.
Rosa Johanna Pintus
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