L’editore
Dio li fa e poi li accoppia: lui,con la sua chitarra e il volto di De André, lei e i suoi modi zingari e inusuali.Si sono incontrati, Angelo Poggio e Alessandra Giordano, tra le pagine editeda Antonello Cassan di Liberodiscrivere. Quello dell’editore non è un ruolo facile, soprattutto se ci si ritrova a combattere contro il marketing spietato di case editrici ben più note; tuttavia Cassan è riuscito a creare una sorta di salotto letterario alla De Stael, ove convergono autori dalle personalità differenti.
O, come in questo caso, simili.
Angelo Poggio e Alessandra Giordano non condividono soltanto la passione per la scrittura, essi provengono da un’esperienza comune: la periferia genovese.
Angelo Poggio
Nel suo ultimo romanzo, “Una strana vacanza“, Angelo Poggio racconta l’esperienza del giovane Emanuele rinchiuso in un sanatorio per errore.
Alto, magro e pieno di sporgenze non gradite, il giovane è cagionevole di salute e arrabbiato con il mondo. Di estrazione proletaria, il ragazzo osserva il mondo dalle finestre della sua periferia che diviene, oltre che spazio fisico, un vero e proprio spazio interiore:
Sentirsi distanti ed esclusi dalla quotidianità, osservarla e desiderarla fa male.
Gli ambienti, i silenzi, persino il cibo, divengono frammenti di un io interiore che cerca se stesso in maniera esasperata, come solo i giovani sanno fare.
Quello del sanatorio diviene dunque un percorso necessario e il viaggio a Sondalo coincide con la presa di coscienza dell’uomo. L’adolescente Emanuele diviene quel pinocchio ligneo di cui è necessario liberarsi per poter essere:
Non ero più quel giovane allampanato costretto a cambiar strada e a nascondersi per non sentirsi ripetere: “Che tempo fa lassù?”
Non c’è solo questo però nel romanzo. Intervistato, Angelo Poggio si racconta:
Il cibo è davvero fondamentale in questo romanzo che è nato di fronte a due cosce di pollo: due cosce, una vita, una morte.
Un figlio e una madre.
Perché quelle due cosce che mia madre mi porgeva in ospedale, all’inizio della mia esperienza, erano le stesse che io offrivo a lei in un momento in cui non mi poteva più sentire.
Prima la nausea e poi la morte. La vita ci consegna dei simboli e riesci a interpretarli solo alla fine.
Alessandra Giordano
La periferia per Alessandra Giordano non è malinconica, è violenta. In effetti l’autrice non ha conosciuto il proletariato ma il sottoproletariato.
Non mi stupisco che Casa Pound prenda tanti voti: una volta in periferia c’era la fabbrica, oggi non c’è niente. E i compagni che stanno al potere hanno perso ogni contatto con queste zone scomode: hanno costruito i ghetti per togliere noi terroni dal centro storico. Un’operazione fallimentare: non si vendono più cannoli ma kebab. Non che mi dispiaccia, il centro storico di adesso mi piace molto, però ci sono intere sacche di popolazione ignorate, deprivate e costrette alla povertà, all’ignoranza: ingredienti questi che portano all’odio contro chi sembra ancora più povero.
Per la Giordano la letteratura è, in primis, politica:
Non riesco a raccontare semplicemente delle storie, a concentrarmi sul noir – che pur adoro- a non dire ciò che vedo. Scrivo libri scomodi e privi di quel lieto fine che un lettore vorrebbe; dopo i miei romanzi ci si sente pesanti, lo so, ma solo analizzando la realtà si possono trovare soluzioni.
Non mi soffermo su “Frammenti in fiore” di cui è già stata proposta l’anteprima su questo blog, riporto però parte del giudizio di Angelo Poggio:
Alla fine del libro, il grido di dolore e di rabbia è rivolto alla città.
Una Genova che, anche per la sua conformazione morfologica, è predisposta naturalmente alla discriminazione, alla divisione.
“La città vecchia” raccontata da Fabrizio De André in una delle sue più toccanti canzoni, si è spostata sulle alture delle periferie. Il Cep di Prà, il Cige di Begato.
Ghetti, non sono altri che ghetti che nulla hanno da invidiare a quelli costruiti per gli ebrei nel periodo nazista.
“Nei quartieri dove il sole del buon Dio non dà i suoi raggi.”
Eppure in quei casermoni luridi e maleodoranti, se si cerca con attenzione, si trovano tutti i sentimenti che si percepiscono altrove.
Amore, odio, violenza, tenerezza, paura, ed infine l’inevitabile morte.
Ma la morte non rappresenta una sconfitta.
Il recital
I due autori hanno scelto il format del recital letterario per presentare i loro romanzi al pubblico:
Poche parole, un po’ di musica e un po’ di movimento: la forma del romanzo è adatta alla lettura interiore, la sua interpretazione è altro dal libro. Angelo ha la sua chitarra e io ho la mia voce, il mio corpo: quando un autore scrive un romanzo sputa il suo cuore e quando lo presenta riparte dall’atto creativo.
Il recital sarà presentato Sabato 27 gennaio presso lo spazio di Librida in Salita del Prione 40 (Genova):
Ci hanno proposto anche altre date che comunicheremo anche su questo sito.
Rosa Johanna Pintus