L’Azione Silenziosa: parla il corpo, il resto tace

La scena è un luogo in cui accade un qualcosa di irripetibile che poi si dissolve: specie nella danza, specie nella ricerca.

Abituata da tre vite, la mia e quella delle mie due figlie, a saggi di danza e a gare, mi stupisco nell’ entrare in questa dimensione in cui pare bandito il verbo esibirsi e in cui il fotografo riprende per testimoniare e non per compiacere o per postare. Così la danza, protetta da chi non la può capire, diviene essere, è divenire.

In questi mesi d’addio all’estate, l’Azione Silenziosa ha proposto, con i ballerini del corso di Alta Formazione sostenuto dal MIC e dalla Fondazione Luzzati-Teatro della Tosse, la Trilogia delle tre lune.

La trilogia, composta dai tre eventi Nel paese delle meraviglie e Il corpo Parla tenutisi il 25 ottobre e il 30 novembre presso il Teatro del Ponente, infine La soglia, in scena ieri sera (20 dicembre 2024) presso il Teatro della Tosse, traccia una linea oltre la quale ci siamo noi, una realtà afflitta da una quotidianità malata e materialista ove il codice economico ha sostituito il canone della bellezza.

Qual è la linea narrativa nella quale lo spettatore si lascia condurre?

Credo che la danza non racconti una storia ma che riconnetta ciascuno di noi alla propria intimità, a quell’unione corpo-anima spezzata dal Cattolicesimo ma ben presente nel cristianesimo delle origini.

La ragazza dal volto velato del primo evento è sul palco anche nel terzo: è entrata quel 25 ottobre nel paese delle meraviglie e ne è uscita ieri, unica danzatrice a guardare oltre la soglia, a non temere quella vita che ci soffoca con veli impregnati di lacrime e sudore, a osservare un tempo ormai nudo che si realizza nel simmetrico e perfetto meccanismo di un orologio ticchettante, sempre uguale a se stesso qualsiasi cosa accada.

Lì, sul limite del palco, rappresentate in una greca catarsi, le nostre psicopatologie quotidiane: la mia dionisiaca e continua frammentazione dell’io viene ricomposta in movimenti apollinei, armonici ma nel contempo dissennati e folli.

Mi pare di assistere alla mostruosa instabilità della mente umana ma lo posso fare perché tutto è perfetto, controllato, sentito nel continuo contrarsi e distrarsi di quei corpi sapienti.

Quante ore ci vogliono per educare e domare il gesto, per percepire tutto il potenziale del corpo che siamo?

Il poeta Gianni Priano e il letterato Marco Galaverna discorrono in attesa dei ballerini: era surrealismo? era espressionismo? Vi è l’inconsapevole presenza di Otto Dix o di Chagall? Io vedo le immagini di David Lynch, la peste di Camus e il perfezionismo ossessivo di Pina Bausch.

Il direttore artistico Giovanni Di Cicco, Emanuela Bonora, Filippo Bandiera fanno il miracolo: spingono i ballerini in quel vortice in cui i corpi divengono corpo e il corpo diviene danza.

Giovanni Di Cicco, del resto, è ormai una firma silenziosa che è riuscita a imporsi nella non facile realtà culturale italiana; c’è riuscito attraverso il suo totemico silenzio, la sua preparazione, la sua lungimiranza. Così anche a Genova, dal 2013, esiste una compagnia di danza autonoma, la Deos, che dipinge sogni sul palco.

Alessandra Giordano


Il profumo inebriante della libertà: la Resistenza è una scelta

Tema del romanzo “Il profumo inebriante della libertà” è la scelta. Giampiero Villavecchia, autore dell’opera, definisce scelta la possibilità dell’uomo di determinare la propria vita, anche quando il contesto storico presenta possibilità più semplici; sceglie Aldo Gastaldi e diventa Bisagno, sceglie Lidia, sceglie Alfredo. Quest’ultimo, all’inizio, è partigiano quasi per caso e diviene consapevole della sua scelta solo alla morte dell’amico Riccardo.

La scelta di questi personaggi, in una Genova in cui si consumano gli ultimi atti della guerra civile tra repubblichini e partigiani, determinerà la scelta futura di Attilio, bambino che subisce il secondo conflitto mondiale. Attilio non può scegliere, può soltanto sognare e crearsi una realtà altra che gli verrà stracciata davanti agli occhi dai cosiddetti partigiani del 25 aprile, quelli che si riversarono sulle strade in una macabra danza bacchica:

Un uomo salta giù dal camion e dà indicazioni. Lidia viene fatta sedere. Alfredo si avvicina:<<Chi sei, compagno?>>

<<Chi vuoi che sia? Sono un partigiano.>>

<<Non ti ho mai visto, né te nè i tuoi uomini.>>

<<Non pretenderai di conoscere tutti quelli che hanno fatto resistenza a Genova.>>

<<Che ha fatto quella donna?>>

<<Se la spassava con un ufficiale tedesco.>>

<<Cosa avete intenzione di farle?>>

<<Niente, per un po’ sarà vista da tutti coi capelli rasati, ma prima la portiamo a fare un bel giro sul camion…ah ah…>>

Prima di essere agguantata Lidia fa un balzo dalla sedia, attraversa la folla che circonda il camion e corre disperatamente. Il capo della banda estrae la pistola e spara due colpi. Lidia porta un attimo le braccia al cielo poi cade a terra, immobile.

Così, da lontano, senza capelli, in quella posizione assurda, sembra una bambola rotta gettata sul lastricato.

Alfredo è pietrificato.

<<Nooo!>>

E’ l’urlo disperato di Attilio che corre. Corre da Lidia. La raggiunge e fa in tempo a vedere per l’ultima volta quel viso che non scorderà mai.

Il profumo inebriante della libertà, Giampiero Villavecchia

Sono quelli i partigiani? Perché Alfredo non li conosce? Alfredo può scegliere di salvare la sua ex fidanzata, Attilio non può scegliere invece, perché è un bambino, nonostante ami Lidia.

Ma vede e determina il colpevole. La sua vita dunque è destinata a svilupparsi nel futuro postbellico, in particolare la sua scelta sarà determinante durante gli anni di piombo.

Questo interessarsi ad Alfredo lo fa stare meglio. Attilio se ne domanda il perché ma la risposta è abbastanza semplice. Ha capito perfettamente che non potrà mai attuare il suo proposito di vendetta: Attilio non potrebbe mai uccidere.

Ma colpire sì. Colpire qualunque punto marcio scoprisse di quell’uomo.

Il profumo inebriante della libertà, Giampiero Villavecchia

Il romanzo però non si esaurisce nella concatenazione di vicende politiche anzi, perno della narrazione è la storia d’amore tra Marco, figlio di Alfredo, medico schiacciato dal giudizio della madre, e Roberta, sua paziente, figlia di Attilio.

Una relazione tra persone normali, senza aneliti eroici perché il contesto storico non richiede eroismo ma solo coraggio.

Ci troviamo di nuovo proiettati nel nostro mondo, quello dell’individualismo sfrenato, della carriera a tutti i costi, degli amori fragili e brevi.

I flashback nel passato della Resistenza, le parole di Bisagno, le azioni eroiche e disperate ci fanno cogliere la distanza incolmabile tra un periodo in cui si sognava un’Italia giusta e la degenerazione che invece ha portato al distacco dei giovani dalla politica: non si sogna, ci si rassegna.

Marco e Roberta trovano però, almeno nei sentimenti, il coraggio di non rassegnarsi e l’amore diviene il motore primo di ogni scelta, il desiderio di comprendere e sradicare le proprie paure per andare avanti:

Il sangue e la pistola. La pistola apparteneva a suo padre, non c’era dubbio. E il sangue? Era davvero sangue quello che credeva di ricordare?

Un telo…una pezza di tela…

Lui era nella camera dei suoi genitori. Cosa ci faceva? Cos’era andato a cercare?

Incominciava a ricordare qualcosa.

Il profumo inebriante della libertà, Giampiero Villavecchia

Ecco perché, secondo l’autore, è inebriante la libertà: da un lato stordisce dall’altro obbliga ad agire. Ed è l’azione che guida la storia, quella grande e importante della Resistenza e quella singola, legate alle nostre piccole vite. Così Marco è deciso a scoprire la sua verità, non più  subirla e, per quanto questa possa essere dolorosa, il conoscerla lo renderà libero.

Rosa Johanna Pintus 

 

 


La Befana di Pascoli, un racconto poco conosciuto

Un racconto poco edito

La Befana e altri racconti” è un libro poco conosciuto di Giovanni Pascoli; malinconico, struggente, di forte componente autobiografica, il testo ha il pregio di conservare e diffondere

temi della cultura contadina.

I befanotti circolano in festa per le strade del borgo e cantano filastrocche che precedono l’arrivo della Befana; l’atmosfera è quella della cultura contadina, delle noci, delle castagne e delle nocelle. L’inverno è freddo, pungente, ma chi è di buona famiglia sa che sarà accolto da un letto caldo.

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La trilogia della luna

Tre romanzi a tutto tondo

La trilogia della luna” di Vauro non contiene storie-simbolo a scopo didascalico ma i tratti spessi di personaggi vivi. Il panorama umano su cui si affaccia l’autore è apocalittico: chi comanda è ottuso e rende ottusi, la speranza è negli ultimi.

Ultimi dipinti come paria rassegnati: la vita è come è, ogni tanto un piccolo miracolo fa stare meglio.

La quotidianità, coi suoi riti, dà sicurezza mentre la fuga porta alla disillusione in un mondo occidentale in cui l’unica consolazione possibile è quella di sfogarsi su chi sta peggio: solidarietà e frustrazione vengono messe a confronto.

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