Le immagini di questa pagina, che sono dure e consigliate a un pubblico adulto, raccontano il sangue della Guinea e sono la base da cui nasce”Brandelli blu mare”. Si tratta di un romanzo-intervista che verrà pubblicato a breve e che sarà presentato, il 29 aprile, presso lo spazio LIBRIDA, in occasione della conferenza “Astianatte e la città distrutta”.
Ibrahima Diallo tratteggia la sua Guinea in maniera secca: essere un peulh, nell’attuale Guinea, è un incubo.
La narrazione parte dai tredici anni di Ibrahima e io ho cercato di riportare le emozioni, le atmosfere, nell’incedere lento e talvolta concitato di un dialogo difficile in cui lui perfeziona l’italiano e io il francese.
Alla fine ci si intende:
Quello che ricordo è il dolore: il
dolore delle
grida di mio padre che non vedo più, il dolore di mia madre che non può difenderci, il dolore di sapere che quanto avviene non ha senso.
Divento uomo nello spazio secco di una freccia che si inficca nel mio occhio sinistro; divento uomo nel silenzio ammutolito dei miei fratelli.
Ho tredici anni.
Ho tredici anni e un occhio di meno: Dio dov’è? Vacillo.
Un mese al buio: quanti occhi ho perso? Essere cieco a tredici anni in uno Stato in cui bisogna correre è troppo dura.
Rivoglio subito i miei occhi: lo grido con la frequenza di un capriccio disperato.
Si può piangere senza occhi?
Sono lacrime di sangue?
Cosa c’è dentro un occhio che non c’è?
Ibrahima si ferma, riprende fiato; mi racconta che prima piaceva alle ragazze perché, sì, ci poteva parlare, perché anche se musulmani n’est pas interdit parler avec les filles; in Libia invece ti sparavano se solo alzavi lo sguardo.
La sua paura più grande era quella di non vedere da entrambe le parti, di non vedere più neppure i brandelli di quel mondo ostile e, nel contempo, necessario.
Apro l’occhio destro dopo un mese di buio, temo di non vedere nulla; temo di essere un peso per la mia famiglia.
Non mi sento più uomo, non sarò mai un uomo?
Ero intelligente e cattivo con le ragazze: un savan, un idolo.
Alcune han già pianto per me; ora cosa sono?
Vedo dall’occhio destro, vacillo come un gatto a cui abbiano tagliato i baffi.
Questo eterno conflitto fa male a Ibrahima e, nonostante tutto, la politica lo appassiona, lo tormenta, lo innalza e lo abbatte. Se non ci fosse la Francia, la Guinea sarebbe ricca perché, oltre alla bauxite, che è la vera causa della guerra civile, vi sono colori e coltivazioni:
La Guinea Conakry è una terra troppo dura; piove per sei mesi e per sei mesi c’è il sole.
Ci sono aranci profumati e alberi di mango; si mangia fonio con salsa di pomodoro, manioca o riso, tutti alimenti vegani: gli animali vivono, gli uomini muoiono.
Già, muoiono; ma perché nel 2018 si continua a morire? Da un lato il blocco occidentale avanza, dall’altro i paesi extra-occidentali vengono distrutti. Cosa accade nel mondo?
Le cause dei conflitti sono riconducibili principalmente a tre motivazioni:
- imperialismo;
- irredentismo;
- guerre etniche.
Le più pericolose sono forse queste ultime poiché, dietro l’odio etnico, si nascondono interessi economici legati spesso agli interessi dei Paesi che colonizzarono questi territori.
Di questi conflitti si sa pochissimo, molto spesso non si sa neppure dove si trovino questi Stati e, non di rado, la Destra e le sinistre progressiste ritengono si tratti di guerre interne che dipendono dall’incapacità dei singoli governanti.
Troppo spesso si sentono affermazioni quali: “Eh, son popoli che hanno bisogno di una dittatura, sono immaturi”, “Come si stava bene con Gheddafi! Berlusconi sì che sapeva far politica estera!”, “Stavano meglio quando erano una colonia”.
Nessuno racconta però che la decolonizzazione è stata solo parziale, che quanto è avvenuto nel 1958 è vero solo in parte: pochi sanno per esempio che, quando Sekou Touré chiese l’indipendenza alla Francia, in Guinea venne tutto distrutto da quei Francesi che tornavano in patria: ospedali, scuole, proprietà.
Pochi sanno che vennero persino avvelenate le derrate alimentari e che la Francia utilizzò la legione straniera per pilotare i più nefandi colpi di stato (Mali, Niger, Guinea etc.).
Alcuni Paesi africani pagano ancora la tassa coloniale e non solo nell’Africa subsahariana, non è affatto un caso che il terrorismo sia così radicato in Francia, che le banlieues continuino a essere fabbriche di morte.
Così Arnaud Beltrame non è solo vittima di un folle affiliato all’ISIS ma anche di una politica che, da De Gaule a Macron, fa esclusivamente gli interessi de les enfants de la patrie ma è glaciale nei confronti degli ex coloni.
La situazione del continente Africa è drammatica e aiutare gli attuali richiedenti asilo a casa loro è pressoché impossibile: sono le supernazioni a decidere le sorti di quei popoli ma, quei popoli, non sono più disposti a subire; senza contare che la politica “aiutiamoli a casa loro” aiuta la Francia ma non l’Italia.
Nel caso della Guinea Conakry il dittatore è stato imposto dalla Francia interessata ai giacimenti di bauxite, una Francia che oggi è vittima del terrorismo più crudo e non a causa del popolo francese ma di governi dissennati che sfruttano e spolpano le ex colonie come miniere a cielo aperto.
Alpha Condé è un dittatore privo di pietà per il suo popolo e, le immagini dure, proposte in questa pagina, ne danno immediata testimonianza.
Il web si divide sull’etica di quest’uomo: wikipedia lo descrive come un uomo che si è opposto alla precedente dittatura, e in effetti è stato in carcere pure lui, quella di Lansana Conté.
I miei allievi di etnia malinke non ne parlano male, uno di loro ha avuto il padre in carcere con lui.
Allora perché quest’astio contro i peulh? Questi ultimi denunciano un voto fraudolento.
La guerra etnica dunque non esiste, fu lo stesso Chirac ad ammettere come la Francia necessitasse dell’Africa per non scivolare nel terzo mondo perché in Africa vengono prelevate le materie prime per l’attuale politica energetica.
Mawuna Remarque Kotounin denuncia il vizio della decolonizzazione in un dettagliato articolo che vi invito a leggere e nel quale vengono denunciati gli obblighi degli ex coloni:
- debito coloniale;
- confisca delle riserve monetarie nazionali;
- priorità degli interessi francesi negli appalti pubblici;
- diritto esclusivo a fornire equipaggiamento militare;
- diritto di intervenire militarmente nel Paese;
- OBBLIGO DI DICHIARARE UFFICIALE LA LINGUA E LA CULTURA FRANCESE;
- obbligo di alleanza con la Francia in caso di guerre difensive e offensive.
Siamo dunque sicuri che alla base della radicalizzazione islamica in Francia ci sia l’ISIS?
E perché, ogni volta, il terrorista del momento viene ucciso e non può rilasciare dichiarazioni?
Quali sono gli scaltri burattinai della situazione attuale?
Cominciamo a domandarcelo, sarebbe già un passo avanti.
Nel frattempo vi do appuntamento al 29 aprile, ore 18.00, per un serio dibattito sull’origine della guerra e per conoscere Ibrahima e la sua realtà a brandelli.
Rosa Johanna Pintus
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